Separazione Consensuale

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Separazione Consensuale

POSSO SEPARARMI CONSENSUALMENTE SE LA COSA CHE DESIDERO DI PIU’ E’ RIMANERE CON MIA MOGLIE?

Qualche tempo fa un cliente romantico mi ha fatto a tradimento questa domanda: evidentemente mosso da un sentimento ancora forte nei confronti del coniuge, si chiedeva se non fosse giuridicamente scorretto specificare sull’atto di separazione consensuale che la convivenza era ormai divenuta intollerabile per entrambi, dal momento che per lui non lo era divenuta affatto.

La questione non è affatto scontata, neanche da un punto di vista giuridico, atteso il nuovo peso che nella separazione innovata dalla riforma del diritto di famiglia avrà la causa della separazione nel riconoscimento, ad esempio, dell’assegno al coniuge più debole.

Di fatto la separazione consensuale altro non è che l’accordo raggiunto tra i coniugi su un nuovo (magari provvisorio) equilibrio, nel quale vengono meno gli obblighi caratterizzanti il rapporto di coniugio, tra i quali, in particolare: la fedeltà, la coabitazione ed il contributo economico proporzionale alle proprie entrate per le necessità della famiglia.

Ciò non implica che entrambi i coniugi arrivino alla stessa decisione con la medesima consapevolezza o lo stesso stadio di impaziente insofferenza. Può accadere addirittura che uno dei coniugi non senta affatto questa necessità, mentre l’altro sia più che determinato a separarsi.

Cosa succede in questo caso? Il coniuge contrario potrà rifiutarsi di firmare la separazione, ma l’altro potrà sempre ricorrere al Tribunale per ottenere la pronuncia di separazione alle condizioni da lui (o lei) unilateralmente richieste. E a questo punto anche il coniuge “riottoso” dovrà costituirsi in giudizio per far valere le proprie esigenze e cercare di ottenere un nuovo equilibrio che sia accettabile anche per lui.

Insomma: nascondere la testa sotto la sabbia di solito non serve a risolvere il problema, che è sempre meglio affrontare mettendo in campo tutti gli strumenti a disposizione della famiglia per la risoluzione dei conflitti (noi stesse ci siamo attrezzate per aiutare al meglio le famiglie: infatti entrando nel nostro studio nella prima sala ricevono due psicoterapeute che si alternano ad una neuropsichiatra, mentre nella sala riunioni siamo attrezzati per la mediazione familiare, oltre che per le riunioni con i clienti e i colleghi, infine nella sala in fondo, come ultima ratio, ci siamo noi avvocati..)

Riassumendo:

-se non si è entrambi d’accordo sulla separazione si può iniziare un percorso di mediazione familiare il cui fine sia quello di fornire ai coniugi gli strumenti per comprendere le reciproche esigenze e migliorare la comunicazione, inoltre ognuno dei coniugi potrà sempre ricorrere al supporto di una psicoterapeuta specializzata nella coppia, nelle problematiche familiari o in quelle individuali per affrontare al meglio una situazione sicuramente destabilizzante sotto tanti profili.

-se poi la coppia ha figli in giovane età potrebbe essere utile ricorrere al sostegno alla genitorialità facendosi dare da una figura esperta (meglio ove abbia matrici psicologiche-psichiatriche) indicazioni per affrontare al meglio le incertezze ed il senso di disagio che la crisi della famiglia può provocare nei suoi membri più giovani.

Insomma: la separazione “fai da te” va bene se entrambi i coniugi hanno maturato una decisione non sofferta e se non ci sono figli, in tutte le altre situazioni meglio non improvvisare!

In sintesi, rispondendo alla domanda del cliente, consiglierei di fare un paio di tappe intermedie nello studio (ad esempio terapia di coppia e mediazione familiare) prima di arrivare nella mia stanza!

Avv. Ilaria Brunelli – legaledifiducia.it

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