I professionisti del network offrono supporto legale e psicologico nella gestione e definizione delle delicate vicende che riguardano la fine di un matrimonio o di una convivenza di fatto soprattutto in presenza di figli minori.
Oltre alla consulenza ed assistenza stragiudiziale, che può aiutare a raggiungere un accordo di separazione consensuale o divorzio congiunto, viene garantita un’assistenza tecnica e psicologica che nei casi di fragilità o particolare conflittualità costituisce uno strumento importante per aiutare la famiglia a trovare un nuovo equilibrio senza compromettere le relazioni già esistenti.
Il network può altresì contare su professionisti formati per la mediazione familiare e per ricoprire il ruolo di coordinatore genitoriale.
Il diritto di famiglia non riguarda solo la gestione e risoluzione della crisi della coppia ma anche la regolamentazione degli aspetti personali e patrimoniali che riguardano le coppie sposate e le coppie di fatto.
Con legge del 20 maggio 2016 n. 76 il legislatore ha introdotto la possibilità di stipulare i c.d. patti di convivenza, volti a regolare i rapporti patrimoniali ed alcuni aspetti dei rapporti personali dei conviventi di fatto. Gli avvocati del network esperti in materia prestano consulenza ed assistenza nella redazione dei contratti e, come previsto dalla legge, oltre ad autenticare la firma dei contraenti, ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico, trasmettendone copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe ai fini dell’opponibilità ai terzi.
La cura degli aspetti economici e patrimoniali della famiglia, inoltre, potrebbe comportare la necessità di costituire amministrazioni separate a tutela del patrimonio e degli interessi familiari (trusts), anche a favore di soggetti deboli (poiché ad esempio affetti da disabilità). Per maggiori informazioni compila il modulo di contatto qui accanto oppure chiamaci.
La separazione dei coniugi è il primo step che i coniugi in crisi affrontano per poter sciogliere l’eventuale comunione legale dei beni e soprattutto per ottenere la sospensione dai doveri coniugali che sono: la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia, la coabitazione, la contribuzione ai bisogni della famiglia in proporzione alle proprie capacità economiche e di lavoro (professionale o casalingo).
La separazione può essere formalizzata davanti al Tribunale con un accordo consensuale che viene ratificato dal giudice con un provvedimento c.d. di omologa della separazione. In sostanza, i coniugi, anche con l’assistenza di un unico legale, presentano, davanti al Tribunale del luogo in cui hanno stabilito l’ultima residenza, un ricorso congiunto a seguito del quale viene fissata l’udienza presidenziale. A detta udienza, il Giudice designato in funzione di Presidente, dopo aver verificato se non vi siano possibilità di riconciliazione, raccoglie le firme dei coniugi a conferma dell’accordo raggiunto e provvede poi ad emettere il decreto di omologazione, che consiste nella verifica e controllo sulla legalità e l’idoneità dei termini di separazione definite dalle parti. L’unico caso in cui può essere rifiutata l’omologazione è il contrasto con l’interesse dei figli.
La procedura è applicabile, sia in assenza che in presenza di figli minori o di figli maggiorenni, incapaci, portatori di handicap grave o comunque economicamente non autosufficienti. Se la coppia non ha figli, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è sottoposto al vaglio del procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, se non ravvisa irregolarità comunica il nullaosta agli avvocati. In presenza di figli minori o maggiorenni incapaci o economicamente non ancora autonomi, il PM, al quale deve essere trasmesso l’accordo concluso entro 10 giorni, lo autorizza solo se lo ritiene rispondente all’interesse dei figli. Nel caso in cui il procuratore ritenga che l’accordo non corrisponda agli interessi della prole, lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, il quale, nel termine massimo di trenta giorni, dispone la comparizione delle parti. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione, l’accordo ha lo stesso valore dei provvedimenti emessi in ambito giudiziale. Dopo la sottoscrizione della convenzione di negoziazione, i legali delle parti hanno l’obbligo di trasmetterne copia autenticata munita delle relative certificazioni, entro 10 giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto per tutti gli adempimenti successivi necessari (trascrizione nei registri di stato civile; annotazioni sull’atto di matrimonio e di nascita; comunicazione all’ufficio anagrafe).
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Il divorzio è il secondo ed ultimo step che i coniugi devono affrontare per porre fine ad un matrimonio ormai in crisi.
Il divorzio consiste, tecnicamente nella cessazione degli effetti civili del matrimonio – in caso di matrimonio concordatario – e scioglimento del matrimonio – in caso di matrimonio celebrato con il solo rito civile.
Può essere richiesto da entrambi i coniugi congiuntamente, oppure da uno solo in via giudiziale.
In caso di accordo, i coniugi presentano un unico ricorso congiunto contenente le condizioni di divorzio, mentre nel caso in cui sia uno solo dei coniugi a promuovere il giudizio, si instaura una causa ordinaria. In entrambi i casi, ci sarà l’udienza di comparizione innanzi il Presidente del Tribunale. Nel caso del ricorso per divorzio congiunto, si tiene un’unica udienza di comparizione in cui i coniugi sottoscrivono il verbale che riporta le condizioni di divorzio concordate tra le parti. Successivamente, il Tribunale decide con sentenza, tenendo conto delle condizioni di divorzio oggetto dell’accordo tra i coniugi e riportate nel ricorso. La sentenza di divorzio, sia esso congiunto o giudiziale, viene poi trasmessa sia all’Ufficio di Stato Civile che all’Ufficio Anagrafe per la dovuta annotazione.
Con il divorzio, cessa definitivamente la comunione materiale e spirituale tra gli ex coniugi, si esaurisce ogni rapporto di tipo patrimoniale, si perdono i diritti ereditari, pertanto, in caso di decesso di uno, l’altro non sarà più suo erede, lo stato civile di “coniugato” lascia il posto a quello “libero”. L’unica eccezione da un punto di vista patrimoniale è data dal fatto che la moglie, laddove le sia stato riconosciuto un assegno di divorzio, ha comunque diritto ad una parte del trattamento di fine rapporto dell’ex marito, quando questi va in pensione. La quota spettante alla moglie arriva sino al 40% dell’importo maturato dall’ex coniuge. Il calcolo esatto è effettuato con riferimento al tempo in cui il lavoro del coniuge è coinciso con il matrimonio. Non solo. In caso di decesso del coniuge, la stessa moglie titolare di un assegno di divorzio ha diritto a percepire la pensione di reversibilità.
I tempi per la presentazione del ricorso sono di sei mesi nel caso in cui lo stesso sia preceduto da una separazione consensuale e di dodici mesi in caso di separazione giudiziale. Entrambi i termini decorrono dal giorno della prima udienza di comparizione dei coniugi innanzi il Presidente del Tribunale.
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