Il paradiso può attendere.

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Il paradiso può attendere.

Nota a Cassazione 34406/19 e 47204/19 (nel trentesimo giorno della morte di Gaia e Camilla) di Avv. Ilaria Brunelli

Ogni mattina passo davanti al punto di Corso Francia dove Gaia e Camilla hanno attraversato.

E non c’è mattina in cui non mi sento morire, con loro e con i loro genitori e un po’ anche con Pietro e la sua famiglia, per quell’assurdo incidente che ha cambiato il corso di tutte le loro vite e forse anche delle nostre.

Per cercare di dare un senso ad un evento che proprio non ne ha, cerchiamo tutti  di trarre insegnamenti personali dalla vicenda: personalmente sono un pedone distratto e una guidatrice sempre più prudente perché sempre meno pronta di riflessi, perciò non sono certo nella posizione di fare prediche sul corretto comportamento stradale. Parlandone con i miei figli, come accade di frequente a casa, ci siamo divisi  in due fazioni: da una parte chi è convinto che il principale insegnamento da trarre sia quello di essere molto più attenti quando si è pedoni nell’attraversare e comunque percorrere la strada, dall’altro chi  invece sostiene che sia chi guida che compie sostanzialmente un’attività pericolosa  che deve informare la sua condotta alla massima prudenza, anche volendo maggiore rispetto alle regole prescritte dal Codice della strada.

Anche parte della giurisprudenza della Cassazione la pensa in questo secondo modo, avendo recentemente precisato, in tema di omicidio stradale, che “chi guida ha sempre torto ed è sempre colpevole anche se investe sulle strisce un pedone imprudente. La ratio sta tutta nell’articolo 141 del Codice della Strada che prevede che “è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che (…) sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione”. Quindi, se è pur vero che in base al principio di affidamento in ambito stradale il poter contare sulla correttezza del comportamento di altri riduce i suoi margini in ragione della diffusività del pericolo, che impone un corrispondente ampliamento della responsabilità in relazione alla prevedibilità del comportamento scorretto od irresponsabile di altri agenti” la Suprema Corte ha piuttosto ritenuto prevalente il principio opposto per cui “l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità”(Cass. pen. sent. n. 34406/19 ). Inoltre, sempre secondo la Suprema Corte, è anche ininfluente che l’attraversamento del pedone avvenga sulle strisce o nelle vicinanze di esse, poiché è il guidatore che “è tenuto ad osservare, in prossimità degli attraversamenti pedonali, la massima prudenza ed a tenere una velocità particolarmente moderata, tanto da consentire l’esercizio del diritto di precedenza spettante in ogni caso al pedone” che attraversi la strada (Cass. sent. n. 47204/2019).

In sintesi per la Suprema Corte guidare è pressoché assimilabile un’attività pericolosa e ogni volta che ci mettiamo in auto, stanchi, trafelati, in ritardo o invece consapevoli di una buona padronanza del mezzo e di ottimi riflessi, dobbiamo ricordarci che non siamo chiamati solo a controllare ciò che dipende da noi, ma anche a cercare di prevedere e prevenire ciò che faranno gli altri utenti della strada, quelli che procedono sulle loro gambe e non hanno la protezione un mezzo meccanico.

Gaia e Camilla in cielo si tengono per mano e ci guardano: per il futuro di altri pedoni speriamo che il paradiso possa attendere.

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