Riforma del Diritto di Famiglia

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Riforma del Diritto di Famiglia

La riforma del Diritto di Famiglia in pillole…

…alcune molto amare!

E’ in discussione alla Camera la proposta di legge presentata dal Senatore Pillon n. 738 comunicata alla Presidenza il 1 agosto 2018 che, se approvata, rivoluzionerà le regole in materia di famiglia e minori, incidendo in maniera significativa sul tessuto sociale del nostro paese, NELL’OTTICA DI ELIMINARE LA CONFLITTUALITA’ E FAVORIRE L’INTERESSE DEL MINORE

Ecco i punti essenziali della riforma:

  • obbligo di mediazione familiare per i coniugi con figli
  • diritto alla relazione parentale bigenitoriale e lotta all’alienazione parentale
  • scomparsa dell’istituto dell’assegnazione della casa familiare e residualità e temporaneità dell’assegno di mantenimento per i figli a favore del coniuge debole.

 

PARTE 1. LA MEDIAZIONE FAMILIARE

La pillola meno amara della riforma è quella del procedimento di mediazione familiare che la legge prevede a pena di improcedibilità per i coniugi separandi con prole (non parlo di famiglie come mi verrebbe spontaneo, perché la legge parla quasi sempre di coniugi).

Il procedimento si svolgerà dinanzi ad una figura professionale che potrà essere laureata in scienze giuridiche, psichiatriche, psicologiche e che avrà dovuto frequentare master specialistici per almeno due anni o avere assistito parti in almeno 10 nuovi procedimenti in materia familiare negli ultimi 5 anni.

La figura del mediatore, che in alcuni ambiti non sembra essere affatto risolutiva, se ben scelto e formato potrebbe dare una grande mano alla comunicazione tra coniugi o tra genitori e figli all’interno della famiglia. Fin qui potrebbe andare tutto bene.

Se non fosse che, a fronte della obbligatoria presenza di soggetti estranei alla famiglia -sinora almeno due avvocati e un mediatore- non si è ancora visto il minore.

Ed eccolo che compare, o meglio scompare, poiché secondo la nuova proposta di legge “La partecipazione al procedimento di mediazione di minori , purché di età superiore a dodici anni , può essere ammessa solo con il consenso di tutte le parti e, comunque, di entrambi i genitori”.

Quindi il minore non può partecipare alla mediazione se non sono tutti d’accordo, eppure l’incontro prevede necessariamente la redazione di un progetto genitoriale nel quale si deve rendere conto della situazione attuale del minore, delle modalità di educazione, istruzione, mantenimento, assistenza morale, facendo specifico riferimento a: 1) luoghi abitualmente frequentati dai figli; 2) scuola e percorso educativo del minore; 3) eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e formative; 4) frequentazioni parentali e amicali del minore; 5) vacanze normalmente godute dal minore.

Tutto questo senza la presenza del minore! Ma vi immaginate (da genitori) se potreste mai fare il progetto di vita, con aspettative scolastiche, scelte di vita, sportive e sociali di un ragazzino ultradodicenne, magari addirittura di sedici o diciassette anni, senza la sua presenza? E che possibilità di successo avrebbe questo bel progetto, senza il fondamentale apporto del protagonista?

Da genitore di prole “cresciuta” e ormai desiderosa di affermare la propria preziosa individualità guardo con perplessità il neo istituto del progetto genitoriale, ma se fossi un giudice, al quale dovrebbe spettare l’annoso compito di provvedere al piano genitoriale in caso di disaccordo tra coniugi, non sarei affatto entusiasta di dover programmare la vita di minori che non conosco e ai quali, secondo la nuova riforma, non dovrò neppure più necessariamente dare ascolto.

La legge sulla riforma del diritto di famiglia è appena iniziata e già dimostra scarsa apertura nei confronti dei soggetti più deboli (segue nel prossimo articolo)

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